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Indipendenza!

L’IDEA INDIPENDENTISTA: frammenti del passato

L’IDEA INDIPENDENTISTA: frammenti del passato

coertina (copy)

Yalta 1945, le potenze di allora disegnavano le mappe del mondo come fecero oltre un secolo prima dopo la sconfitta di Napoleone, e successivamente con i trattati di Versailles alla fine della 1° guerra mondiale. Dall’alto veniva decisa la sorte di migliaia di popoli sulla cui pelle si modificavano i confini e la politica mondiale. Gli ultimi ad essere interpellati, anzi a non essere mai interpellati, sono sempre stati i popoli. A oltre 70 anni da quell’evento, il mondo inizia a cambiare aspetto. Gli stati implodono e vengono sostituiti dalle nazioni, i popoli chiedono di autorappresentarsi senza mediatori e di liberarsi delle catene degli stati nazionali e delle loro ideologie distruttive. L’Unione Sovietica, i suoi satelliti, i Balcani e molti altri in tutto il mondo hanno già subito dei notevoli cambiamenti. E’ venuto il turno dello stato italiano ed altri in Europa. Per troppo tempo abbiamo assistito ad etnocidi, colonialismi e genocidi in nome di sacri confini e di patria. Con la menzogna e la violenza, milioni di individui sono stati schiavizzati, tenuti nella più totale ignoranza e brainwashati, al fine di controllarli. Le rivoluzione a cavallo di questi due secoli segnano un cambiamento epocale di cui noi tutti siamo protagonisti e testimoni.

Il testo di seguito illustra sommariamente il percorso e le ragioni di questo cambiamento. Si tratta di un breve manuale che aiuterà i popoli sottomessi della penisola italica, a risorgere, dando inizio dopo 150 anni a quel risorgimento che mai ebbe reale compimento, e che fu stroncato nel suo nascere dal nazionalismo e centralismo di uno stato criminale: l’Italia.

Al termine del libro abbiamo allegato un’ appendice che riporta il materiale cartaceo più importante che ha permesso il percorso legale per l’indipendenza del Veneto dall’Italia. Tale materiale può essere di grande utilità al raggiungimento dell’indipendenza per altri popoli.

Capitolo 1

DI CHI È LA LIBERTÀ DI UN POPOLO?

Perchè un popolo è libero? Perchè un popolo ha diritto ad autodeterminarsi?

Tre secoli fa alcuni filosofi e giuristi iniziarono una profonda discussione sulla libertà degli esseri umani. I legalisti si misero a cercare le origini legali della libertà degli esseri umani. V’era il problema di giustificare universalmente il diritto legale di un essere umano ad essere padrone di se stesso, ad essere libero, ad autoproclamarsi ed essere proclamato libero. Non dimentichiamo che in molte parti del mondo, v’erano società in cui molti individui erano costretti ad esibire documenti comprovanti il loro diritto ad essere liberi e che la schiavitù ed apartheid erano giustificate legalmente in modo diffuso.

Alla fine prevalse la tesi del diritto naturale che è quella tutt’ora accettata in tutto il mondo. Un essere umano nasce libero per natura e ciò non abbisogna di altra giustificazione. Nell’epoca moderna non occorre esibire alcun documento che comprovi il proprio status di essere libero.

Dopo 3 secoli, stiamo invece ancora discutendo di chi è la libertà di un popolo. In molte parti del mondo si organizzano commissioni giuridiche per cercare di giustificare la libertà e legalità di un popolo ad autodeterminarsi. Oggi dopo 3 secoli, si sta compiendo lo stesso percorso legalista per stabilire di chi è la libertà di un popolo!

Dopo 3 secoli, la risposta sarà e deve essere per analogia la stessa di 3 secoli fa senza bisogno di menti illuminate: “La liberta di un popolo è di quello stesso popolo, che ha il diritto di decidere del suo presente e futuro, e che ha il diritto di autodeterminarsi”.

Proprio per il diritto naturale, migliaia di popoli, miliardi di parlanti oltre 6000 lingue, hanno il diritto naturale di decidere per se stessi e quindi liberarsi della schiavitù instaurata attraverso gli stati nazionali che hanno dominato tutti gli aspetti della vita umana negli ultimi secoli.

Senza mezze parole, migliaia di popoli hanno il diritto all’indipendenza ed al riconoscimento internazionale alla stregua di quelli che conosciamo come stati nazionali. Migliaia di popoli hanno diritto ad autodeterminarsi e gli stati nazionali tradizionali debbono cedere il passo alle nazioni dei popoli.

Capitolo 2

IL COLONIALISMO NAZIONALE

Ci è stato insegnato che il colonialismo termina con lo smantellamento degli imperi coloniali oltremare dopo la fine della seconda guerra mondiale. Invece il colonialismo della prima fase, quello in cui la nascita degli stati nazionali ha portato alla sottomissione degli antichi stati e popoli nativi, non è terminato. La Catalogna, il Veneto, la Sicilia, il sud Tirol, la Sardegna, la Scozia, i Paesi Baschi….. sono alcune delle ultime colonie che stanno cercando di liberarsi. Questo processo di implosione degli stati nazionali ottocenteschi non è terminato, e lo dimostra il fatto che ogni anno si aggiungono stati alla rosa delle nazioni unite. Questo processo di decolonizzazione nazionale continua tutt’ora. Al giorno d’oggi in Europa i popoli nativi subiscono e continuano ad essere vittime dei nazionalismi ottocenteschi. Se osserviamo attentamente i processi politici, economici e culturali, ci accorgiamo che stiamo vivendo un post colonialismo che ricalca in modo mascherato le stesse dinamiche dei vecchi colonialismi. Gli stati nazionali di vecchia data, nascono con un processo di annessione graduale di altri stati e popoli che di fatto subiscono tuttora metodi coloniali. Vediamone le caratteristiche:

-Etnocidio nazionale

Al genocidio praticato su larga scala fino alla fine della seconda guerra mondiale, si sostituisce l’etnocidio. Una delle caratteristiche peculiari degli stati nazionali, è quella di distruggere qualsiasi spirito identitario etnico. Annichilire ogni velleità ed identità diversa da quella di stato. Il diverso deve essere “integrato”, deve conformarsi ad un modello unico omogeneo.

-Monolinguismo nazionale

Tutti i sudditi degli stati nazionali vengono obbligati a parlare la lingua della capitale od un suo surrogato. L’onomastica e toponomastica cambiati. Tutte le altre lingue vengono con dispregio chiamate dialetti e proibite o confinate all’ambito famigliare. I parlanti che si ostinano o rivendicano la parità vengono emarginati e discriminati in tutti gli ambiti ufficiali: tv, uffici, giornali, radio, scuole, giustizia, palazzi del potere ed istituzioni, chiesa, esercito, polizia…

-Religione di stato

Lo stato nazionale si allea con una religione e stringe un patto di reciproca alleanza e supporto. Lo stato finanzia la religione in modo quasi esclusivo, concede privilegi ed immunità di ogni genere al clero che con gli adepti della religione stipula un patto di fedeltà politica, in cui accetta ed abbraccia la cultura unica nazionale.

-Accentramento mediatico

Il controllo della stampa, delle tv, delle radio, dei giornalisti ed editori, viene mantenuto dallo stato o per lo stato, al fine di replicare modelli culturali patriottici nazionali.

-Stereotipi

Il modello culturale nazionale costruisce ad hoc una serie di stereotipi tesi a ridicolizzare i popoli delle periferie. Il loro modo di parlare, il loro vestire, i loro tratti somatici vengono ridicolizzati. I popoli colonnizzati all’interno dei confini nazionali vengono descritti come ubriaconi, come stupidi ignoranti, come avidi, come razzisti, come pastori, come criminali, le donne come prostitute o contadine ignoranti.

-Monopolio scolastico

Si istituisce il modello scolastico unico con testi e materie decise dalla capitale. I popoli nativi, la loro storia, cultura, lingua letteratura vengono cancellati ed inizia la riprogrammazione culturale definita “integrazione”. La scuola è il primo di una serie di filtri mirati a creare i riproduttori ed amministratori della cultura unica nazionale.

-Cultura nazionale

La letteratura, la storia, lo sport, la musica, la pittura, la scultura, l’architettura, l’archeologia, ogni manifestazione ed espressione culturale viene filtrata per creare un corpus nazionale della cultura unica. Ogni disciplina serve e giustifica la creazione, la nascita, l’esistenza storica, politica dello stato. Ogni elemento che non si conforma a questa descrizione, viene censurato, ignorato, rimosso, trattato con disprezzo od additato come indigeno e barbaro.

-Nazionalizzazione risorse

Le risorse strategiche vengono nazionalizzate, vengono tolte agli abitanti e popoli nativi per soddisfare i bisogni nazionali. Le materie prime vengono espropriate con il pretesto del bene nazionale e si innesca il meccanismo delle licenze di sfruttamento.

-Centralismo nazionale

Tutto viene centralizzato, ogni azione in qualsiasi settore passa attraverso i filtri della capitale: concorsi, licenze, cariche prestigiose, decisioni strategiche, nomine e incarichi, direzione opere, esercito. Addirittura in molti casi la capitale riceve lo status di regione con poteri e privilegi speciali rispetto alla periferia.

-Sfruttamento economico

Viene attuato lo sfruttamento delle periferie dello stato in un processo di drenaggio fiscale e furto delle risorse che vengono in genere nazionalizzate. Spesso alla popolazione non resta che emigrare all’estero.

-Oppressione politica

In modo molto sottile gli stati nazionali inibiscono la diversità politica perseguendo non solo le minoranze etniche, ma anche i gruppi sessuali, quelli religiosi, in taluni casi raziali. Tutti quei gruppi e categorie che non si adeguano al modello unico di stato, che non si vogliono “integrare”, vengono perseguitati e discriminati.

-Monopoli

Lo stato centrale diventa detentore, gestore e controllore delle attività chiave dell’economia, dell’informazione, della politica, dell’esercito, della grande industria, dell’energia, della finanza, dell’istruzione, dei trasporti, delle vie di comunicazione e di ogni risorsa ritenuta strategica. I popoli e regioni colonizzate subiscono decisioni prese dall’alto in ogni settore.

Capitolo 3

IMPLOSIONE DEGLI STATI TRADIZIONALI

Negli anni 40 del secolo 20esimo, esistevano circa 70 stati e guardacaso circa 6000 lingue parlate da altrettanti popoli. Lo smantellamento della prima crosta coloniale, poi dell’Urss ed infine l’anelito dei popoli ad autorappresentarsi a livello mondiale, fa crescere questo numero fino ad averlo triplicato. La tendenza è in aumento, ed ogni anno nuove entità geopolitiche vengono riconosciute nel mondo, e sempre più gli stati tendono ad implodere ed a generare nazioni con uniformità maggiore di popolazione, di cultura, di lingua etc…

Questo processo di implosione è determinato dall’inutilità sempre più evidente degli stati nazionali. La grandezza degli stati nazionali trovava ragione di essere nel numero di abitanti da poter sacrificare per proteggere i confini politici ed economici dove si attua il drenaggio fiscale. Essere grandi voleva dire poter adoperare milioni di vite in caso di guerra. Avere milioni di sudditi, voleva dire aver una grande massa umana da poter sfruttare economicamente. Esercito, governanti, statali e lobbies, lottavano strenuamente per mantenere saldi i confini del recinto nazionale come una proprietà privata. La superficie territoriale e la quantità di sudditi, permettevano ampie possibilità di scambio controllato.

Senza eufemismi, possiamo dire che gli stati nazionali, sono stati concepiti come delle grandi aree geografiche chiuse a tenuta stagna, adoperate come allevamenti di polli, dove il monoculturalismo ideologico nazionale serviva ad asservire ciecamente i sudditi ed a sostituire il terrore delle armi che monarchie ed imperi avevano adoperato fino ad allora.

Veniamo adesso ai giorni nostri e facciamoci le seguenti domande:

a)A che cosa servono milioni di soldati quando la superiorità tecnologica è incomparabile rispetto al numero di soldati. Con ordigni e tecnologie moderne, pochi soldati mettono in ginocchio uno stato.

b)A che cosa servono i confini nazionali stagni in un momento storico dove la popolazione e l’economia tendono ad abbattere le barriere e dove il trasporto delle merci, la delocalizzazione delle produzioni, lo scambio delle masse monetarie, abbattono le barriere del passato e dove diventa ovvio che un mercato aperto favorisce la ricchezza globale dei suoi protagonisti?

c)Che senso ha il monolinguismo nazionale e la lotta fanatica alla diversità linguistica? Vale di più un suddito monolingua od un cittadino polilingue? Lo stato nazionale ha favorito il monolinguismo e proibito la diversità linguistica perchè la mente di un suddito monolingua è più facile da ingabbiare.

d)Che senso ha la religione unica di stato in un mondo che va verso la libertà di credo e l’ateismo?

e)Che senso ha il perdurare delle menzogne storiche, della segretezza politica, della scuola unica di stato, del monopolio informativo… in un mondo che chiede e dove c’è sempre più informazione libera?

Queste sono solo alcune delle domande da porsi e che mettono in evidenza come gli stati nazionali classici sono sulla via dell’estinzione ed inutilità.

Anche quegli stati nati dal colonialismo Europeo, stanno attraversando in modo acelerato quel periodo già vissuto dall’occidente nei decenni passati, e che fa parte di un graduale percorso che li porterà all’implosione e creazione di nazioni fatte da popoli nativi finora e tutt’ora oppressi.

Capitolo 4

DA SUDDITI A CITTADINI

Dobbiamo parlare di sudditi degli stati nazionali, e ciò viene ben reso proprio da come vengono mandati al massacro milioni di persone in nome di sacri confini e amor di patria. Le economie pianificate, le deportazioni, i genocidi, le leggi raziali, gli etnocidi culturali e linguistici… la dicono lunga sul rapporto individuo e gruppo, nei confronti dello stato nazionale. La nascita e rafforzamento degli stati nazionali sono una vera e propria carneficina, dove milioni di esseri umani vengono sfruttati, piegati, eliminati, costretti ad emigrare o riprogrammati ad adorare il culto nazionale.

Con la nascita degli stati nazionali a partire dalla seconda metà del 1800, viene esteso il voto fino al suffragio universale che avverrà solo nel 20esimo secolo. Il principio democratico diventa una bandiera dietro cui gli stati nazionali mascherano dei veri e propri regimi totalitari e dove il voto, attraverso meccanismi complessi, viene annullato e finisce per diventare un mero sondaggio. Non da meno, il controllo capillare dei mezzi di comunicazione, permette appunto agli stati nazionali di predicare la libertà, ma di attuare un brainwashing così totalizzante che diventa facile dirottare ed incanalare il voto, creando così un teatrino dove l’elettore vota destra, sinistra o centro, ma nella sostanza i fondamenti non vengono e non possono neppure essere cambiati o addirittura discussi. L’esempio più chiaro in Europa, sono i trattati militari, la questione delle basi di occupazione statunitense. Ad esempio fra le molte questioni che non si possono discutere v’è appunto l’imutabilità geopolitica, i riconoscimenti linguistici, persino le autonomie, ed in taluni casi persino la questione religiosa. Quello che viene definito terrorismo è in buona parte una lotta armata di liberazione e rivendicazione di diritti minimi che gli stati nazionali avevano negato. Gli esempi di lotta di liberazione o rivendicazione dei diritti minimi dei popoli della Catalogna, del Veneto, dei Paesi Baschi, dell’Ulster, del Sud Tirol, sono alcuni dei più noti.

Addirittura gli stati nazionali, aprono i confini e immettono attraverso l’immigrazione ed i ricongiungimenti famigliari, milioni di persone completamente estranee alle culture native. Questa invasione culturale aiuta l’idea nazionale in quanto i nuovi arrivati si prostituiscono volentieri alla cultura unica e contribuiscono a scardinare millenni di storia identitaria locale. Queste invasioni contribuiscono a far diventare sempre più straniero il nativo che finisce per essere discriminato anche dall’immigrato che ignora la cultura locale nativa, abbraccia a sufficienza quella nazionale e si rinchiude nel suo ghetto culturale, dove ricrea le dinamiche del luogo di origine.

Gli abitanti degli stati nazionali sono sudditi e la loro condizione non cambia molto da quella degli imperi o delle monarchie, dove nella sostanza venivano tollerati od ignorati ma non annichiliti. Anzi i sudditi degli stati nazionali, debbono sopportare carichi fiscali ben superiori a quelli passati, tanto da far diventare la pratica della mezzadria un lieto ricordo. Fino a pochi anni orsono, gli abitanti degli stati nazionali, dovevano persino servire gratuitamente in abiti militari lo stato. I bimbi vengono espropriati dalle famiglie e sottoposti ad un educazione scolastica obbligatoria e nazionale fin dai primi mesi d’età, e conformati al fine di produrre consenso al modello identitario nazionale. Quando il suddito è ben plasmato ed ha integrato i canoni del “buon senso “ nazionale, può anche votare e fare politica, perchè tanto la sua mente ben raramente cortocircuita, non esce ciòè dai binari del culto dello stato nazionale, della sua integrità territoriale, della sua necessità storica. Il suddito dopo anni di conformazione è preparato a non dubitare e quindi gli si concede di partecipare alla farsa elettorale e politica.

Quale novità porta la nascita di nuovi stati fatti da popoli? Essa porta i suoi abitanti ad una maggiore coesione su basi reali, ed il processo di smantellamento nazionale istiga in loro il seme del dubbio creando una maggior coscienza democratica. Il piccolo popolo che entra nel mondo delle nazioni è composto di cittadini ben più coscienti dei loro diritti all’autodeterminazione e non più intimoriti ed ossequiosi all’idea nazionale ottocentesca.

L’osare riprendersi la libertà, porta un popolo ad una maggiore coscienza politica. L’autodeterminazione diventa un ottimo deterrente a coloro i quali hanno per quasi 2 secoli mantenuto la popolazione dentro una gabbia nazionale idiotizzante. A partire dalla fine del secolo 20esimo , grazie all’avvento del World Wide Web, assistiamo alla rivoluzione della comunicazione di massa. Tale rivoluzione distrugge via via i monopoli instaurati dagli stati nazionali e permette l’orizzontalità della comunicazione, ne favorisce esponenzialmente la velocità, e distrugge le barriere geopolitiche che permettevano agli stati nazionali di tenere a mollo i sudditi. La rivoluzione della comunicazione causa la rivoluzione culturale e quindi politica, dove i sudditi rivendicano quella democrazia che gli stati nazionali avevano solo predicato ma che veniva inibita dal controllo assoluto della cultura ed informazione. La libertà di comunicazione e le sue moderne caratteristiche stanno smantellando tutta una classe politica ed un sistema geopolitico, economico e finanziario. L’accessibilità di informazioni e la loro velocità di ottenimento, mettono il singolo cittadino allo stesso livello delle lobbies politico economiche che vengono smascherate. Cadono uno ad uno i tabù sulla segretezza e i vecchi politici finiscono messi a nudo e screditati. Il suddito dello stato nazionale, diventa cittadino e pretende di decidere del suo futuro. I gruppi di cittadini, per quasi due secoli, vessati e discriminati dagli stati nazionali perchè appartenenti a gruppi linguistici, etnici, religiosi non conformi all’ideologia nazionalista unica, pretendono il diritto all’autodeterminazione, sanno di non essere più soli, e la comunicazione libera permette loro l’organizzazione e diffusione del sapere.

Capitolo 5

IL PERCORSO DEMOCRATICO

Tutto il secolo 20esimo è caratterizzato da una lotta armata e palesemente violenta da parte di tutte quelle entità etniche oppresse dal monoculturalismo di uno stato intollerante alla diversità religiosa, linguistica, culturale ed a qualsiasi tratto che non confermi l’esistenza ed unità storico-divina dello stato nazionale.

La lotta armata diventa una forma disperata di lotta contro un monolito che impedisce qualsiasi forma identitaria e che proprio grazie al totale monopolio culturale ed informativo, frustra qualsiasi tentativo pacifico di lotta. La lotta armata è anche una reazione alla violenza inaudita dello stato nei confronti della diversità etnica. E’ proprio il percorso violento e distruttivo che gli stati nazionali attuano nei confronti di chi non parla la lingua nazionale, di chi non professa la religione nazionale, di chi per ragioni storiche ed etniche non si sente appartenente e proprietà dello stato, che generano una reazione altrettanto violenta. Tutti gli apparati di polizia, esercito e giustizia hanno una grave responsabilità nell’aver alimentato e praticato l’odio e la violenza oltre a violazioni vergognose della legalità.

L’avvento della comunicazione digitale, la crescita culturale e globale di un senso di libertà e tolleranza, aprono le porte della speranza a quelle etnie e gruppi che fino agli anni 70 del 20esimo secolo venivano discriminati, emarginati o torturati per il solo fatto di parlare un altra lingua, di avere gusti sessuali diversi dall’ortodossia, di appartenere a gruppi religiosi diversi da quello nazionale, di riconoscersi in una storia diversa da quella ufficiale di stato…

Gli stati nazionali perdono quella rigidità ed intolleranza nei confronti della diversità e sono via via costretti ad accettare la perdità di esclusività. I trattati internazionali, le leggi locali costituiscono un corpus sempre più direzionato verso la libertà degli individui e dei popoli all’autodeterminazione.

Gli statuti e convenzioni di Ginevra, le Nazioni Unite, le organizzazioni sovranazionali politiche come la Comunità Europea, quelle umanitarie e quelle per i diritti umani, legittimano non più solo gli individui al diritto di essere liberi ed autorappresentarsi, ma anche ai popoli. Come gli esseri umani hanno il diritto alla libertà in quanto esseri umani, così anche i popoli hanno il diritto di prendersi ciò che è loro, proprio ciò che gli stati nazionali hanno negato per quasi 2 secoli.

Capitolo 6

STATI, NAZIONI E POPOLI NATIVI

Al tempo dei gandi imperi nessuno osava discutere la legittimità dei popoli ad esistere, tanto che le istituzioni permettevano alle singole etnie e gruppi religiosi di gestire internamente alle comunità le problematiche giuridiche. L’impero Ottomano, come quello Cinese furono degli esempi. Monarchie e poi imperi, non toccarono mai o quasi con violenza la questione etnica, tanto che quei rari casi di intolleranza monarchica vengono addirittura ricordati (il caso dei re cattolici con i pogroms contro musulmani ed ebrei, proseguiti poi nel centro e sud della penisola italica).

La nascita e consolidamento degli stati nazionali sono caratterizzati da una serie di genocidi di grande portata, inauditi al tempo degli imperi e monarchie, di cui i casi Armeno, Zingaro ed Ebraico sono solo una parte. I genocidi ed etnocidi avvengono su larga scala in tutto il pianeta, e sono una caratteristica della nascita e consolidamento degli stati nazionali. Il fenomeno è studiabile dal nord america con lo sterminio e deportazione nelle riserve di milioni di nativi americani, in tutta l’america latina, dove gli indios nativi vengono sterminati, isolati, discriminati, ed in Europa dove i popoli nativi vengono sfruttati, deportati, discriminati, costretti ad emigrare, riprogrammati culturalmente sotto il nome di “integrazione”. Quello che viene chiamato processo di unificazione nazionale e liberazione, altro non è che una serie di annessioni territoriali su cui inizieranno genocidi ed etnocidi. Naturalmente la versione storica prodotta dai vincitori insiste su parole propagandistiche quali: “liberazione”, “unificazione”, “risorgimento”, “sacri confini”.

All’inizio del 21esimo secolo, in molti dicono basta anche a quell’etnocidio linguistico culturale che tuttora perdura, e vogliono riprendersi quella liberta di autorappresentarsi, che gli stati nazionali hanno tolto loro nel corso degli ultimi due secoli.

Agli stati si sostituiscono le nazioni fatte da popoli nativi. La caratteristica di nazione rispetto allo stato, è proprio quella di raggruppare una comunità di individui che si riconoscono sotto il nome di popolo, con l’attributo di “nativo”, quindi avente diritto a rivendicare la tutela e controllo del territorio per la propria sopravvivenza. Le nazioni così intese, sostituscono nel tempo i vecchi stati con strutture più piccole, più rappresentative, più efficienti e più consone alla cultura dei suoi abitanti.

Il mondo va verso nuove strutture geopolitiche più rappresentative, più efficienti, più interrelate fra loro con l’abbattimento dei confini rigidi degli stati nazionali.

Capitolo 7

IL PERCORSO INDIPENDENTISTA VENETO

Riassumiamo brevemente i punti salienti del movimento che ha portato alla nascita e processo indipendentista veneto. Si tratta di un percorso che altri popoli possono imitare; a tal proposito alleghiamo un appendice ben nutrita.

Illustriamo in modo schematico e breve le tappe salienti dell’indipendentismo veneto, quelle tappe che ci hanno portato ai risultati di oggi. Si tratta di un percorso straordinario avvenuto grazie alla fede incrollabile e alla straordinaria lucidità dei suoi autori principali che hanno trasmesso agli altri la certezza della vittoria.

2005-2006: Il reclutamento al forum di Raixe Venete

Fra il 2005 e il 2006 le figure principali del neonato indipendentismo veneto si incontrano casualmente all’interno di un forum dove da questioni di carattere storico e linguistico, si inizia a discutere in modo approfondito della questione politica veneta ed in particolàr modo di indipendenza. Lodovico Pizzati, Gianluca Busato, Alessia Bellon, Raffaele Serafini, Gianluca Panto, Claudio Ghiotto….. iniziano proprio in questo forum a gettare le basi teoriche dell’indipendentismo. Uno ad uno vengono demoliti i miti italiani, gli stereotipi sui veneti, i pregiudizi dell’etnonazionalismo veneto. Si iniziano a produrre manifesti e vignette grafiche di grande forza visiva. Alcune idee grafiche verranno copiate persino dal gruppo Benetton. Tutte le discussioni vengono effettuate in lingua veneta e costituiscono il corpus filosofico e teorico basilare dell’indipendentismo veneto. Parte di questo corpus viene pubblicato su un libro anonimo in lingua veneta, dal titolo “Lota e Riscosa, Indipendensa e Libartà”. Col passare dei mesi il forum diventa stretto, i gestori non vogliono si parli di politica ed ancor meno di indipendenza, e così in breve uno ad uno gli indipendentisti se ne vanno. Da questa diaspora nascono i quasi 100 video virali su youtube fatti da Raffaele Serafini che raggiungono l’ordine di parecchi milioni di visite. Quest’ultimo, aiutato da Giorgio Roncolato, Moreno Menini fonderà l’Upv e il suo giornale, censurato però dagli stessi dopo alcuni mesi perchè non in linea con l’ideologia etnonazionalista. Nascerà così la www.GaxetaVeneta.com giornale in lingua veneta.

Gianluca Busato intuisce la necessità di uno strumento politico al fine di concretizzare ciò che finora si era teorizzato ed analizzato. Così Busato, con la Bellon, Pizzati, Panto, Guiotto, Venturato, Serafini ed altri crea il PNV.

2007-2008 Nasce il P.N.V. (Partito Nazionale Veneto)

La nascita di questo strumento politico (Pnv) viene ostacolata da tutto il venetismo. In principio non se ne capisce la ragione, poi col tempo diventerà evidente come Lega Nord e Liga strumentalizzano il magma venetista proprio con la funzione di impedire la nascita di una identità politica veneta che li avrebbe inevitabilmente distrutti. Questa è anche una delle ragioni per cui la Lega Nord e Liga hanno operato una guerra infame contro la famiglia Panto.

Il valore storico della nascita del Pnv è chiaro a tutti i suoi fondatori e supporter della prima ora. Per la prima volta viene sdoganata la parola “Indipendenza”. In principio la derisione, l’incredulità, lo scherno di molti sono la risposta a questo partito che ottiene solo 6500 voti. Imperterriti i fondatori e attivisti sanno bene che stanno facendo la storia. E’ ormai chiaro che la via pacifica è la migliore percorribile e che le possibilità di vittoria sono totali. La visione di questi primi luminari è estremamente lucida e mai neppure per un istante li sfiora l’ombra del dubbio.

2010 ottobre: Nasce il Vs (Veneto Stato) nel quale confluiscono il Pnv e il gruppo dei Veneti.

Il Pnv viene smantellato, creata la testata giornalistica “VenetoPress”, mentre non viene smantellata l’organizzazione etnonazionalista “I Veneti” la quale continua ad operare dietro el quinte in modo poco chiaro. La scelta di fondersi viene determinata dalla mancanza di forze momentanea e dalla voglia di dare un impressione esterna di unità.

2010 novembre: Manifestazione pro alluvionati a Vicenza

Dopo lo scandalo GaxetaVeneta (giornale in lingua Veneta) e il suo oscuramento nei server dello stato italiano, diventa evidente che la Lega Nord non tollera critiche. La provincia di Vicenza finisce inondata con danni incommensurabili. La censura sui giornali italiani dura 7 giorni e la Lega Nord minimizza. L’imbarazzo è grande, l’incapacità delle autorità evidente. La manifestazione crea attriti all’interno del Vs, dove vi sono forze filoleghiste, le quali impediscono qualsiasi critica alla Lega e Liga.

L’anno prosegue con una intensa attività nelle provincie di Treviso, Padova, Venezia, mentre Vicenza rimane in coda e subisce l’influenza del fronte etnonazionalista che blocca di proposito il processo indipendentista in funzione filo Lega Nord e Liga.

Nasce il giornale “Labuxia” sempre in lingua veneta.

La frattura diventerà ancora più evidente con il congresso straordinario tenutosi ad agosto del 2011 dove verrà chiesta l’espulsione di Raffaele Serafini incriminato di aver scritto due articoli poco graditi all’area etnonazionalista (I tabù de on serto venetixmo, I prejudisi de on serto venetixmo)

2011 settembre: Manifestazione a Arzignano a favore degli imprenditori Veneti.

La manifestazione è un successo mediatico e mette in evidenza ancor più la frattura fra i due fronti del Vs. Ormai il conflitto è insanabile. Lega e Liga, non possono più tollerare la critica che subiscono, e sguinzagliano i propri infiltrati del Vs. Vengono chieste le dimissioni di Pizzati ed indetti due congressi distinti. Per amore della causa, il fronte moderato, accetta di partecipare al congresso del Viest ed annulla il congresso di Treviso. Si vuole evitare la rottura.

2011 ottobre 23: Golpe Hotel Viest

Si tratta di uno dei più vergognosi episodi che contrassegnano il venetismo. Il clan etnonazionalista del Vs gestisce il congresso in modo totalitario impedendo addirittura al fronte moderato di presentare una sua lista. Viene presentata una scheda con una sola lista, la lista unica! La scissione è inevitabile. La Lega Nord e Liga sono riusciti ad impossessarsi del Vs.

Per alcuni mesi verranno mantenuti due partiti con lo stesso nome, delegando alla legge l’assegnazione del nome e simbolo.

2011 novembre 3: Purghe e espulsioni

Pizzati viene espulso dal Vs assieme a Busato, il tutto senza una ragione. Stefano Venturato con la sezione di Treviso si ribella, ed anche lui subisce la stessa sorte. Serafini viene espulso perchè ritenuto la mente di un giornale “sovversivo” che mette in luce l’ipocrisia dell’etnonazionalismo veneto chiamato da quel momento “naxivenetismo”.

2011 dicembre 10: Congresso di Venezia

66 persone, 66 indipendentisti d’acciaio, 66 intellettuali si riuniscono a questo congresso e gettano le basi del futuro partito “Indipendenza Veneta”. Pizzati viene riconfermato segretario e reintegrati tutti gli espulsi.

Nel frattempo fino a maggio si mantiene il nome e simbolo del Vs in comproprietà con i concorrenti golpisti del Viest.

Si tratta di un periodo molto difficile per i precursori di Indipendenza Veneta, dove si è demoralizzati. Ci si sente soli, abbandonati. I golpisti invece godono un breve periodo di euforia interrotto dal martellamento di un giornale che ha tenuto viva la fiammella della ragione e della libertà: “Labuxia.com”.

2012 gennaio 19: Presentazione di Canizzano

Questo evento, pur nella sua medioacrità, con circa 400 partecipanti, segna l’inizio di una scalata popolare esponenziale, quei 66 soci di 2 mesi prima diventeranno in soli 12 mesi alcune migliaia! L’evento di Canizzano gasa tutti e alza il morale alle stelle. Seguiranno centinaia di eventi fra cui più notabili: Castelfranco e Belvedere.

Nel frattempo Alessio Morosin diventa protagonista di molte trasmissioni radio e tv dove riscuote un consenso e stima inauditi.

2012 marzo: Inizia la raccolta firme e invio lettere per smuovere i politici della Regione Veneto (vedi appendice)

In tutto il Veneto si inizia la raccolta di firme per smuovere la regione a fare qualcosa e a pronunciarsi sul tema dell’indipendenza. Si tratta di un idea geniale del segretario Pizzati, apparentemente innocua, ma che metterà alle corde tutto il Consiglio Regionale Veneto.

Nasce il giornale “Bastaitalia.org”, questa volta in lingua italiana. L’identità dei redattori viene tenuta nascosta, si temono ritorsioni italiane, leghiste, di gruppi filo nazisti e persino di sinistra. Il problema della libertà di stampa in Italia è una costante dell’indipendentismo, pertanto i siti vengono tenuti al sicuro oltre confine e le identità dei giornalisti anonime.

2012 maggio 12: Consegna in Regione di Petizione con 20.000 firme. (vedi appendice)

Zaia è costretto a ricevere la delegazione di Iv, e a passare le firme al pres. della Regione Veneto Ruffato. Si attende con ansia una risposta.

2012 maggio 27: Nasce I.V. (Indipendenza Veneta)

Nasce ufficialmente Indipendenza Veneta. Si decide così di abbandonare definitivamente il vecchio nome (Vs) diventato proprietà dei golpisti etnonazionalisti del Viest, i quali alle elezioni ottengono un pessimo risultato elettorale e mettono in evidenza via via nel tempo l’incapacità, la fragilità e gli odii intestini che proprio per 20 anni avevano bloccato sin dal nascere l’indipendentismo.

Luca Cantarutti diventa presidente e conduce il movimento-partito in modo razionalmente impeccabile. Coadiuvato da Alessio Morosin, sfornerà uno ad uno i testi giuridici e metterà alle corde tutti i politici veneti. La battaglia è legale e ci vogliono luminari della legge, determinati e razionali.

A tutti è chiaro che Indipendenza Veneta tiene saldo il testimone dell’indipendenza ed è l’unica genuinamente in grado di portare a compimento la liberazione del Veneto dalla dominazione e oppressione italiana.

Inizia subito una campagna di pressing sui consiglieri, assessori, governatore e presidente del Consiglio Regionale, affinchè si pronuncino sulla questione referendum. Migliaia di lettere e mail vengono inviate fino ad una serie di incontri con C. Ruffato e L. Zaia (rispettivamente presidente del Consiglio e governatore della Regione Veneto), che sfociano nella manifestazione del 6 ottobre.

2012 ottobre 6: Chiamata per l’Indipendenza

La manifestazione invita le autorità regionali venete ad approvare una risoluzione per l’autodeterminazione del Popolo Veneto. La stampa internazionale darà un gran risalto alla manifestazione contrariamente alla pressoche totale censura sui giornali di lingua italiana.

2012 novembre 28: Approvazione della risoluzione 44 da parte del Consiglio Regionale (vedi appendice)

La situazione economica e politica, creano grande disagio fra la comunità di politici veneti, i quali si sentono smarriti, privi di idee e di buon grado accettano di sottoscrivere la risoluzione 44. Il consigliere regionale Sandro Sandri si fa promotore ottenedo 42 si su 60 voti.

Festa e presentazione al Pigalle di Belvedere la sera stessa. Presenti circa 800 persone malgrado un acquazzone incredibile. Ormai, mari di folla partecipano alle presentazioni ed eventi di Iv.

2013 gennaio 11: Consegna Petizione a Bruxelles presso la Commissione Europea (vedi appendice)

Dopo soli 2 mexi di gazebi, Indipendenza Veneta raccoglie 50.000 firme (20.000 più del richiesto) affinchè la comunità Europea garantisca il monitoraggio sul referendum per l’indipendenza. Il presidente Barroso da oltre 2 mesi si è espresso positivamente sia informalmente che formalmente: il Veneto godrà delle stesse modalità di Scozia e Catalogna.

2013 gennaio 13: Congresso straordinario di Indipendenza Veneta e scelta di partecipare alle elezioni politiche

Al congresso la decisione è pressochè unanime, il tutto avviene in modo civile e razionale dimostrando la coesione ed intelligenza dei suoi componenti. Morosin Alessio dimostra di essere un vero politico, l’aver insistito fin dall’inizio a partecipare, diventa la via migliore da prendere, anche a coloro che nutrivano dubbi ed invocavano il purismo.

Vengono raccolte 2000 firme e relativi certificati elettorali in sole 48 ore. Presentarsi diventa necessario per dare una dimostrazione di forza, per liberare il Veneto dalla Lega Nord e per creare i rappresentanti popolari, per indire il referendum dell’indipendenza.

Nasce il giornale cartaceo “Primavera Veneta”.

2013 febbraio 16: Consegna del testo di legge al consiglio regionale per l’indizione del referendum del 6 ottobre 2013.

L’intero Consiglio regionale e il presidente della regione vengono messi al muro. Non approvare questo documento significa la morte politica. Indipendenza Veneta e le sue azioni, dominano la scena politica veneta malgrado la totale censura dei media del regime italiano. Il testo è conosciuto come la “proposta di legge 342”.

2013 marzo 19: Commissione Giuridica.

La regione Veneto nella persona del governatore a Palazzo balbi in sala giunta, costituisce ed avvia la commissione giuridica per definire il percorso legale e democratico per la consultazione referendaria dei Veneti.

2013 marzo 27: Tentativo italiano di chiudere i giornali “Labuxia” e “Bastaitalia”

La polizia postale di Vicenza fa irruzione presso l’abitazione dello scrittore blogghista Raffaele Serafini, sequestra vario materiale relativo all’attività digitale con la scusa del reato di diffamazione. Le ragioni reali sono politiche e vengono celate dal segreto istruttorio; si tratta dell’ennesimo atto intimidatorio verso i diffusori dell’indipendentismo. I giornali digitali, ben custoditi dalle autorità e leggi Islandesi, verrano salvati e congelati per una breve tregua che dia modo alle autorità venete di agire e prendere posizione in merito al referendum.

2013 aprile 2: Proposta di legge 342 viene protocollata. (vedi appendice)

Il consigliere regionale Stefano Valdegamberi sottoscrive e protocolla in Regione Veneto la Proposta di Legge 342 stilata dai giuristi di Indipendenza Veneta, con la quale si definiscono data e modalità del referendum.

2013 aprile 16: Delibera di Castellavazzo

Sotto richiesta del sindaco di Castellavazzo, Franco Roccon, viene approvata dal consiglio comunale di Castellavazzo la delibera della legge referendaria per l’indipendenza del Veneto (342), approvata con 8 voti a favore e 3 contrari. Nei mesi seguenti innumerevoli comuni ed anche provincie seguiranno l’esempio di Castellavazzo.

tratto dal libro L’idea indipendentista 2013 raffaele serafini

 

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